Nel 2025 la Russia ha avviato una nuova campagna di privatizzazioni e, dopo quasi sei mesi, i risultati hanno superato le aspettative. Secondo il quotidiano Izvestia, nel primo trimestre dell’anno l’incasso dalla vendita di beni federali ha superato i 9,5 miliardi di rubli, circa 95 milioni di euro, rispetto a un obiettivo annuale fissato a 5,5 miliardi di rubli, pari a circa 55 milioni di euro.
Finora sono state cedute soprattutto piccole imprese e beni confiscati, tra cui la società mineraria Kvarts nella regione di Yaroslavl e il complesso espositivo Bashkortostan.
Il Ministero delle Finanze punta a incassare complessivamente 100 miliardi di rubli, cioè circa un miliardo di euro. In quest’ottica, si valutano cessioni di quote di minoranza di alcune grandi aziende statali: le ferrovie RZhD, l’ente per l’energia nucleare Rosatom, il colosso delle telecomunicazioni Rostelecom, Rostec e Transneft.
L’obiettivo non è solo coprire il deficit di bilancio aggravato da sanzioni e spese militari, ma anche attrarre capitali privati e aumentare l’efficienza delle aziende interessate. Per riuscirci, le imprese dovranno garantire maggiore trasparenza e accesso alle informazioni.
Non si parla di una svendita totale come negli anni ’90, che provocò una grave crisi economica e un’impennata delle disuguaglianze. Il piano attuale prevede una privatizzazione parziale e controllata, con lo Stato intenzionato a mantenere il controllo sulle imprese strategiche.
Gestire questo processo, già in fase avanzata, rappresenta una nuova sfida per l’economia e per il governo russo.