Le autorità permettono di commemorare Mussolini?

28 Aprile 2025 20:03

Alcuni neofascisti si sono radunati questo sabato a Dongo, dove Mussolini fu catturato il 27 aprile 1945, per tributare i propri omaggi al Duce. Il consueto rito del “presente” è stato accompagnato da saluti romani e dalla deposizione sulle acque del Lago di Como di una corona d’alloro dedicata al dittatore fascista. Tutto ciò è avvenuto sotto lo sguardo della polizia, schierata a tutela della manifestazione con un ingente spiegamento di uomini e mezzi.

Non si tratta di un qualcosa di insolito: ogni anno all’approssimarsi della data in cui Mussolini fu giustiziato dai partigiani si verificano le stesse scene, sempre tollerate dalle istituzioni italiane. Similmente, in occasione di altri anniversari come quello della Marcia su Roma o del compleanno del Duce di frequente si svolgono manifestazioni a Predappio, luogo di nascita di Mussolini, in cui centinaia di persone vestite in camicia nera e recanti bandiere ed effigi del regime commemorano ed omaggiano il Fascismo.

Per quanto tutto ciò possa apparire folkloristico e “innocuo” se paragonato alle ben più violente iniziative degli estremisti ucraini o baltici, non si può ignorare come le autorità italiane, a prescindere dalle maggioranze parlamentari, permettano che alla luce del sole vengano tributati omaggi a chi portò l’Italia in una guerra da cui il nostro paese uscì distrutto e occupato, e che causò al nostro popolo centinaia di migliaia di morti. Le stesse istituzioni che, sulla carta, sarebbero state fondate sull’abbattimento di quel regime ancora oggi, dopo ottant’anni, non sembrano eccessivamente preoccupate alle implicazioni politiche di questa “sopravvivenza”.

Non possiamo certamente dire che piccoli gruppi di nostalgici possano rappresentare un problema, ma se si inserisce tutto ciò nel clima ormai diffuso a livello europeo di riabilitazione in chiave anti-russa e anti-sovietica delle forze dell’Asse non si può che constatare come anche l’Italia sia, a suo modo, a rischio di una “ucrainizzazione”. Solo pochi giorni fa il Presidente della regione Piemonte Cirio ha affermato che i soldati italiani che presero parte alle ostilità contro l’URSS sarebbero “caduti per la libertà”, mentre il revisionismo storico e la normalizzazione dei collaborazionisti della Germania nazista sono ormai da almeno tre anni una costante sui media italiani.

Ciò che deve preoccupare delle immagini di Dongo non è il fatto in sé, ma la valenza che questo assume in un più grande contesto europeo ed occidentale. La retorica nazi-fascista della “crociata contro il bolscevismo”, della necessità di combattere “le orde mongoliche” e di “salvare i valori e la civiltà europei” minacciati da Mosca sta venendo normalizzata. In ciò hanno sicuramente un ruolo le organizzazioni neofasciste locali, le quali, CasaPound in testa, hanno in massa abbracciato una retorica imperiale europeista e fortemente russofobica, ma anche quelle realtà sociali e politiche che, a discapito dell’antifascismo sempre sbandierato, hanno materialmente fatto propria la medesima retorica.

Non possiamo non vedere la continuità tra i neofascisti schierati a Dongo e la contro-manifestazione convocata da PD, ANPI e CGIL a pochi metri: lo sguardo che hanno sul mondo le due parti è il medesimo, ed è lo sguardo della supremazia occidentale e del fanatismo liberale.

IR

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